Si stava meglio quando ci rubavano il nasino (Monti di ieri, Monti di oggi)
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(...) Il Borgo che ci preoccupiamo di proteggere dalla dimenticanza e dalla banalità, dall’artificio e dalla siderale indifferenza è, quasi sempre, quello che si lega al ricordo dell’infanzia. Il risultato sorprendente di questo sentimento di protezione è che, salvando il ricordo dell’infanzia, si salva la memoria storica, ovvero il ricordo di quei grandi fatti che sono sfondo e cornice di quelli personali.
Più ricordi d’infanzia permettono di creare un affresco di memorie senza confini. Ecco come i racconti di “monti di ieri, monti di oggi” possono rivelare il filo conduttore che lega l’infanzia di più persone, e l’infanzia di ieri e di oggi, con quella di domani.
Attraverso il racconto, che sia orale o scritto, riscopriamo la magia della nostra età più bella, lo stupore, e la capacità di salvare la Storia senza mai alterarne la sostanza.
Quella capacità che solo i bambini hanno, e che gli adulti purtroppo perdono. E, siccome il tempo erode le spigolosità, ciò che resta dei momenti più bui della nostra infanzia, e della paura, del terrore, della fame, o della solitudine, non è che un ricordo dolce amaro che infine provoca nostalgia.
Così, che si tratti degli anni della guerra, della notte del terremoto, oppure dei mitici anni Ottanta, e a prescindere da chi sia il narratore, ogni racconto non può che chiudersi con l’adagio che “si stava meglio quando ci rubavano il nasino”.
(estratto della Premessa)
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