NEL SEGNO DEL SERPENTE | Estratto | Artisti di Borgo
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NEL SEGNO DEL SERPENTE

Patrizia Manni

......Sto scendendo e non vedo nessuno, sulla piazza, una volta c’era Menicuccia, una donna sola che per non spendere non aveva la luce, era sempre pronta ad affacciarsi alla finestra, anche di notte quando era in casa, sapeva sempre tutto di tutti e giudicava a tutto spiano. Praticamente la piazza era sua, come nel film Nuovo Cinema Paradiso!

Seguito a scendere e sulla destra manca Bambina…non incontro anima viva per un altro bel pezzo, sotto al balcone di Giustina, la bravissima sarta che ci faceva i vestiti quando eravamo piccoli, alzo lo sguardo e mi manca chiamarla, aspettare che, gioiosa si affacci e mi chiami “Pacicia” perché così mi chiamavo da piccola.

Arrivo giù e Maria mi accoglie con una battuta, un abbraccio e l’odore del sugo che “ pippia “ in pentola. Poso il borsone e iniziamo a raccontarci le cose mentre apparecchio e lei scola la pasta… C’è un bel sole e la cucina è fresca, la tenda con la porta aperta lascia passare l’aria e restituisce a questo mondo una vivibilità più a dimensione umana.

Dopo mangiato mi siedo su un gradino fuori ed inizio a guardare la Selva, rivedo la lupa che la leggenda indica come uno dei miracoli di San Domenico. Il lupo aveva preso il bimbo ad una madre e San Domenico ordinò di renderglielo. Così la lupa restò sulla montagna pietrificata in un masso che ne ricorda la forma.

A questo punto ho la necessità di farmi un giro per riappropriarmi del mio paese, avviso Maria e vado su, giro a destra e passo sotto al campanile che, enorme, mi sovrasta, la cupola imbracata dopo il terremoto dell’Aquila mi fa ricordare come brillasse prima, con le sue lastre di piombo che luccicavano sotto ai raggi del sole estivo. Mi giro alla curva e guardo la “ speziaria ” in cui due putti di gesso, ormai incrostati dal calcare scuro, sono quasi irriconoscibili sulla volta. E’ un’entrata tipica delle antiche botteghe romane, a forma di serratura, più stretta sotto, che consentiva di stare alla vendita nella parte superiore, aperta, quando pensiamo di aver inventato gli sportelli aperti al pubblico, dovremmo rifletterci!

Le spezie, le erbe medicali e l’antica farmaceutica qui erano di casa un tempo, con gli albarelli in ceramica esposti alle spalle dello “speziale” della famiglia Renzi. La strada prosegue a sinistra con una lunga volta a botte che doveva essere un'altra porta di antico accesso, poco prima c’è un vicolo, “ Rua del sacco “, in cui fu effettuato un bel bottino dagli invasori di turno.

I francesi hanno lasciato in questo paese le Rue e gli spagnoli l’hanno depredato, lasciando altri vocaboli nel dialetto, all’improvviso mi vola davanti una bellissima gazza, bianca e nera con una lunga coda, dal volo così leggiadro e leggero, allegramente rossiniano. I miei passi sotto alla lunga volta rimbombano, sopra la testa i segni dei tavelloni per armarla. Questa è la strada da cui scendevo da bambina per andare ai nonni materni quando abitavo all’Aracella, esattamente qui, all’Arco S.Orsola scendevo giù, come in un imbuto. Anche oggi voglio farmi inghiottire da questo curioso e antico passaggio per provare a vedere se ritroverò le sensazioni che avevo un tempo...

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