VAGAMENTE PROCIDA | Estratto | Artisti di Borgo
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VAGAMENTE PROCIDA

Antonio Carannante

Tutto intorno la fitta vegetazione impediva di vedere il mare, anche se lei ne avvertiva bene la presenza. Ovunque sull’isola la si poteva sentire, bastava fermarsi e immergersi nel silenzio di alcune ore del giorno, anche lontano dalla costa. Intanto la luce bianca lunare era tornata ad ammantare le strade, le piazze, i vicoli, i sentieri più nascosti mentre lungo il cammino tutto scorreva rapido intorno a lei, rivide finanche qualche lucciola e rovi di more selvatiche. Alla fine del viottolo giunse sotto una grande torre che sovrastava uno slargo irregolare. Alzò lo sguardo, le parve di sentire delle voci. L’antica torre era abitata, forse da qualche discendente dei signori dell’epoca, o forse solo da grilli, gufi e rondini, chissà. Lara provò a immaginare cosa sarebbe potuto significare vivere in quella larga torre che dominava tutto il versante dell’isola, dormire in quelle grandi stanze da cui un tempo si avvistavano le navi saracene. E mentre continuava a camminare guardando in alto, verso il bordo frastagliato di quell’edificio austero e il cielo scuro, le venne un capogiro tanto che tentò di fermarsi per un attimo, ma senza riuscirci, doveva ad ogni costo tornare al porticciolo. La strada iniziava a declinare verso la chiesa gialla e bianca del Cimitero e di lì a poco verso il sentiero che portava alla spiaggia.

Lara intravide finalmente il mare, adesso non era più una presenza solamente avvertita ma era lì, oltre i sepolcri illuminati che pareva una festa destinata a durare per sempre, una distesa scura e dolcemente misteriosa che col suo fragore si univa alla notte diventando un tutt’uno. E allora le venne la voglia di correre di nuovo, laggiù alla fine della discesa verso quella che adesso tutti adesso chiamavano la spiaggia del Postino ma che invece era la spiaggia del Pozzo vecchio, perché c’era un antico pozzo, ormai nascosto, da quelle parti, così le aveva detto Braglia nei suoi giri per l’isola. Si lasciò bagnare i piedi nudi, e toccò l’acqua bagnandosi le mani e le braccia, adesso vedeva benissimo, eccome lo vedeva, e lo sentiva, poteva respirarlo e toccarlo a piene mani, e lo fece più forte che potette, sentendosi più viva che mai. E poi risalì, e camminò, camminò ancora senza stancarsi, doveva tornare a casa, sedersi e scrivere e scrivere e scrivere finalmente davanti quella finestra. Sì, si sarebbe seduta senza accendere nessuna luce e avrebbe scritto al buio, così doveva essere. Aumentò dunque il passo ma la strada continuava ad essere deserta, dove erano andati tutti?

-Saresti capace di scegliere una cosa sola, che raccolga tutto, che diventi tutto? – le vennero in mente le parole di Mastroianni alla Cardinale, mentre erano in auto di notte fuori Roma in quel film in bianco e nero di Fellini che le era rimasto incastrato negli occhi per sempre.

Scegliere una cosa sola.

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