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Prospettive

Fabrizio Fiorente

Gli avvenimenti dei primi anni Duemila per lui erano stati decisivi: il sogno industriale di un’intera generazione si era appena infranto contro una serie di crisi senza precedenti e nonostante Francesco avesse mantenuto stretto a sé il posto di lavoro, con i denti e con le unghie, era inevitabile che il frastornamento dei suoi coetanei in qualche modo lo raggiungesse. Nei suoi tempi tutto ciò che prima era dato per assodato è diventato una conquista, per forza di cose non ci si può approcciare alla modernità con gli stessi occhi di pochi anni prima, non ci si fida più del progresso a tutti i costi. Nelle città si può toccare con mano l’effetto di anni di crescita impetuosa ed impulsiva, ricchezza e benessere sono arrivati tanto in fretta da dare alla testa. La corruzione ha creato opprimenti accozzaglie di palazzi dove ogni principio estetico è semplicemente ignorato, l’inciviltà si è trasformata nell’insensibilità al brutto, il degrado è una piaga che nessuna pista ciclabile posticcia può nascondere. Quasi nessuno, tra quelli che hanno creato questo mostro, riesce ad avvertire la necessità del bello: come se nulla fosse conducono le proprie grosse autovetture su un asfalto malridotto dagli appalti truccati, senza notare l’assenza di alberi tra le file di macchine parcheggiate. I discendenti di coloro che abbandonarono i borghi hanno popolato le città ma le hanno consegnate al nuovo millennio in stato di confusione e prive di identità.

 

A Francesco tra le palazzine manca l’aria. Inutile cercare riparo in spiaggia: d’inverno le mareggiate accumulano sul bagnasciuga le prove dell’incuria verso la natura, d’estate il fragore del turismo di massa gli fracassa le cervella. Francesco è stato costretto a studiare moltissimo, spinto dalla necessità di avere un pezzo di carta da riportare nel curriculum, maquesto sforzo ha avuto su di lui un effetto collaterale imprevisto: imbevendosi di cultura, senza limitarsi alla mera erudizione, ha sviluppato una particolare sensibilità a ciò che lo circonda, ha iniziato ad osservare ciò che prima non avrebbe nemmeno visto e da questa sensibilità è nata la necessità di qualcosa di più autentico. La crisi edilizia ha frenato l’espansionismo incontrollato ed ha costretto le amministrazioni cittadine a rivolgere le proprie attenzioni al recupero di patrimonio più o meno storico, ma per quanto gli faccia piacere non ha tempo di aspettare che questo processo coinvolga in pieno la popolazione e non vede una soluzione nel breve termine. L’unica speranza di cambiamento per quelli come lui è rappresentata dai racconti di chi è emigrato in nazioni dove nelle città ci si muove a piedi, i ritmi sono tranquilli, l’istruzione ha il valore che merita e prendere un autobus o la bicicletta non è un’onta da lavare via per non apparire poveri. Francesco, però, ha sempre ascoltato con trasporto i racconti dei nonni e non ha nessuna intenzione di perpetrare uno schema che all’epoca svuotò le campagne e adesso rischia di disperdere la gioventù di un’intera nazione. Ovviamente non biasima i suoi amici che vivono sparpagliati tra Germania, Inghilterra e Spagna: quelli che sono andati, così come quelli che sono tornati, hanno avuto l’occasione di sperimentare una realtà diversa ed in molti casi hanno mischiato la nostalgia di casa con nuovi valori, sviluppando una particolare coscienza che li ha portati a guardare da una nuova prospettiva tutto ciò che fino ad ora era considerato vecchio, povero, cafone, scomodo, faticoso, ridicolo.

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