Primavera | Estratto | Artisti di Borgo
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Primavera

Elisabetta Pizzarda

Era primavera già da tempo ma Margherita non riusciva a percepirne la presenza. Dalla finestra della sua stanza, in cui trascorreva gran parte delle lunghe e monotone giornate, continuava ad osservare con scrupolosa attenzione il paesaggio davanti a sé: le montagne in lontananza, ancora innevate, che cingevano in uno stretto e soffocante abbraccio il piccolo paese in cui viveva, le distese erbose dei prati verdi e fioriti sui quali si apriva qua e là il volo di qualche bianca farfalla e gli alberi, le cui chiome già folte oscillavano al fresco vento; troppo fresco, pensava, per essere primavera.

Da meticolosa osservatrice qual era, Margherita faceva ricadere puntualmente la sua attenzione sugli abitanti di quel paesaggio, ognuno dei quali sembrava avere un gran da fare, rispettoso del proprio ruolo e dei propri spazi. Margherita aveva ormai come l’impressione di conoscerli tutti, uno ad uno, come la coppia di gazze dalle piume lucenti e dalle lunghe code, padrone indiscusse del giorno ed esempio di assolutismo: “E’ tutto nostro e guai a chi si avvicina!”, sembravano dire. Margherita le aveva scherzosamente denominate Victoria e Albert, dato il loro modo di fare sovrano. Erano solite posizionarsi, con le piume gonfie ed il petto in fuori, sul ramo più alto del vecchio noce che da anni ormai viveva solitario, sentendosi forse fuori luogo, in mezzo ad un centinaio di ulivi secolari dal nobile aspetto. Victoria e Albert, ad ogni modo, trascorrevano le intere giornate a controllare quel che si diceva essere il loro territorio e lo facevano con estrema dedizione e precisione, scacciando via chiunque provasse a valicare il confine: cornacchie, colombine, piccioni, picchi e soprattutto il gatto di casa, spesso vittima di attacchi diretti e offensive.

(…)

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