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NATIO BORGO SELVAGGIO
Gigliola Magnetti
...Lanzo mi ha dato radici, nel secolare bagolaro del giardino, con la certezza di voler rientrare sempre al mio porto d’attracco. Mi ha dotata di ali, con la voglia di guardare oltre la siepe di ceraso, per volare alto e lontano, senza perdersi.
- Lanzo è un cancello in ferro battuto, a torciglioni. È la vernice che ho spalmato nei decenni, per rinnovarlo. È il suono della serratura che scatta, passi rassicuranti che si avvicendano sulla ghiaia, in ogni rientro a casa.
- Lanzo è un principe al cancello. Atteso, fra le nubi estive e i zeffiri sereni, rincorso nelle notti giovanili, insonni, a scandire le ore, con il battito della torre antica di Santa Croce che rimbombava nel cuore, all’unisono, ora dopo ora, e faceva ripensare a lui, incapace di trattenere quello spirto guerrier ch’entro mi rugge.
- Lanzo è ghiaia. Quel pisello grigio che affonda nel terreno, nei decenni, che va integrato, come nei sogni. È quel rastrello che corre e scorre sul terreno spianato del giardino della casa di famiglia, per livellare i sassolini, per soffermarsi sui sassi più grossi, accantonandoli perché facciano scudo, per non inciampare ancora.
- È la voce di mio padre che mi racconta del passato, dei nonni partiti da Santa Lucia e da Corio e rientrati dal Montana, nelle grandi migrazioni di inizio Novecento. È la carta giallognola del 24 Ore nella buca delle lettere, quel quotidiano che profuma della Borsa Valori paterna, che sa di corbeille, risuona di grida, come nella foto in cui l’Uomo della mia vita troneggia al centro dell’ampio salone torinese, nel suo abito grigio. È il suo senso del dovere, lavoro, rigore sabaudo. È perseverare, inseguire obiettivi, non demordere. Anche senza sorridere, perché lavorare stanca ma appaga.
- Lanzo è terra.
- Terra da rincalzare, rimescolare, nutrire nei vasi di geranio di mia madre, nel suo ginkgo biloba che svetta sul prato, nella ginestra che affonda le sue radici tenaci in uno dei pochi angoli del giardino che non ha subito mutazioni e che, ogni anno, rinnova l’esordio alla Primavera, l’annuncio alla rinascita. È la ricetta materna disseminata fra i granelli, di rincalzare l’amore, gli affetti, per vederli crescere nel sole, per scaldare l’esistenza.
- Lanzo è terra, foglie e ghiaia, nei colorati minestroni che immaginavo di cucinare sotto il gazebo, con gli occhi che brillavano d’arcobaleno, le mani piccine dell’infanzia.
- È terra dell’orto: quello nei soggiorni estivi in campagna, in cui raccoglievo i frutti del lavoro altrui ma imparavo a curare i rossi pomodori a grappolo, i fagiolini nani rampicanti, le corolle di insalata.
- Ora è orto di solitudine, ricordando chi ha lasciato Terra anzitempo, per divenire Aria.
- Ricresce rigogliosa
- disordinata
- la tua menta,
- grappoli di pomodori si arrampicano
- tortuosi
- abbracciati
- sotto il velo antigrandine.
- Troppo vicine le piante,
- troppo esili le canne, ormai seccate,
- che tu avevi tagliato.
- Le “femminelle” allungano le braccia
- chiamandoti in soccorso,
- portano nel vento della memoria
- le tue parole
- le tue mani sapienti
- il tuo sorriso nel veder procedere la Vita.
- L’insalata “monta”
- arrugginisce
- scolora.
- Il basilico soffre
- avanza esile
- dondolando scheletrico nel vento.
- Non sono capace
- quest’anno
- di tenere il tuo orto.
- Anche la mia vita è così,
- Amore mio.
- Dal cielo mandami un segno
- non c’è energia nella mia Terra.
- Un pugno di semi,
- un grappolo di stelle
Ho bisogno di sorridere ancora.
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