Il Velo di Irsina | Estratto | Artisti di Borgo
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Il Velo di Irsina

David A. R. Spezia

1

 

Il sudore coagulava, sul mantello scuro, lunghe striature biancastre che somigliavano a bava di lumaca.

Il destriero continuava a galoppare come in preda al diavolo, con la schiuma attorno al morso e le froge che si dilatavano secondo spasmi frenetici.

Nero come la notte, un cavallo risaliva la strada della collina completamente al buio.

Pareva conoscere a memoria quella via perché correva, senza alcun timore, i tornanti che strisciavano fino alle mura del paese.

Da una feritoia, accanto al contrappeso della porta, un giovane soldato vide un bagliore nella campagna. Gli sembrò uno scintillio di una lucciola, perché subito dopo non ci fu più niente. Rimase vigile oltre l’odore di pietra umida fino a quando non lo vide di nuovo. Spostò la fiaccola, appoggiandola a un angolo della torre quadrangolare per non essere disturbato dal chiarore, poi osservò di nuovo fuori.

Un galoppo sordo, attutito dalla foschia, rimbalzò contro le mura, fino ad arrivare dentro la zona di guardia. Si udirono distintamente gli zoccoli, poi solo grilli dispersi nella campagna.

Pochi istanti e di nuovo un nitrito sinistro, più vicino, che fece battere dapprima nel petto e poi in gola il cuore del soldato. Si erano sentite tante storie di cavalieri fantasma che, protetti dalla notte, portavano via i giovani per ucciderli in atroci torture. La notizia di due streghe processate solo pochi giorni prima, aveva fatto il giro dei borghi, mettendo in guardia gli abitanti, soprattutto dall’arrivo di forestieri.

Le mura erano imponenti, costruite di una pietra ocra e perfettamente levigata che non consentiva il minimo appiglio. Sul torrione più alto, sventolava una bandiera scarsamente illuminata da una scodella di pece fatta per durare fino all’alba.

La sera era fredda, confusa nei suoi contorni da una foschia pesante che rendeva la campagna incerta. Nessun uomo sano di mente avrebbe cavalcato in solitario a quell’ora della notte, con branchi di lupi e di briganti sempre pronti a colpire.

Il soldato richiamò un compagno al livello inferiore. Questi immediatamente si scosse dal letargo della guardia e si sporse da una finestra più larga, guardando a casaccio.

«Lo vedi?» chiese il primo, premendo la faccia nella feritoia.

«No.»

«Lo vedi?» ripeté.

I due si zittirono un momento, poi il secondo rispose echeggiando: «No. Ma lo sento!».

D’un tratto lo scalpitio scomparve, risucchiato dalla vegetazione, come se qualcuno avesse improvvisamente sollevato il cavallo dalla strada per renderlo invisibile. Il ritmo della corsa appariva interrotto, senza alcun avviso.

I due militari rimasero in silenzio, con quello più in alto propenso a dare l’allarme: lo avrebbe fatto di sicuro se la situazione non fosse cambiata.

All’improvviso, un tonfo pesante come un ariete si abbatté sulla porta nord, seguito subito da uno sbuffo.

Dall’alto, i due soldati videro in contemporanea un cavallo nero, sormontato da un uomo completamente nudo. L’uomo, svenuto, era messo di traverso sulla bestia che continuava a pestare nervosamente gli zoccoli, in un concerto di schiocchi e nitriti.

«Apri!» disse il secondo all’indirizzo di qualcuno.

Una voce sbucò dal nulla: «Ma chi è?».

«Un uomo. Forse ferito. Forse scampato a qualche scorribanda! Apri!»

I passi e il tintinnio delle corazze di una dozzina di uomini riempirono l’aria. Poco dopo, ombre di fiaccole impazzite si stagliarono contro le pareti, in uno sforzo collettivo per aprire un varco nella cittadina fortificata.

La porta si schiuse a fatica e, non appena ci fu abbastanza spazio, il cavallo la infilò a gran velocità, con nessuno dei militari che fu in grado di fermarlo. Corse per un centinaio di metri nel trambusto dei soldati.

«Fermatelo!» urlò qualcuno.

«È nudo, non vedi?» gridò un altro con ironia, «Probabilmente è ubriaco oppure è già morto derubato».

Con uno scatto, un soldato più alto e robusto afferrò le redini, poi fece roteare la testa del cavallo fino a portarsela vicino al petto, in un movimento che obbligò l’animale ad asservire la propria foga.

Tutti furono subito intorno, mentre la bestia piegava dapprima le zampe anteriori, infine quelle posteriori, accovacciandosi sul posto, stremato.

L’uomo nudo scivolò sulla fredda pietra della strada, finendo a pancia sopra. Non aveva alcun segno sul corpo, pareva semplicemente addormentato.

Lo stesso che aveva fermato la corsa del cavallo lo notò: «Non ha ferite da battaglia».

«Forse è uno stregone!» urlò qualcuno.

Il panico si diffuse nella piazza antistante alla porta, mentre qualche abitante, sentito il trambusto, usciva dalla casa per osservare incuriosito ciò che stava accadendo.

«Ma che stregone!» rispose infastidito il soldato.

Questi si piegò per osservare meglio lo straniero: studiò bene il corpo, quindi lo voltò sulla pancia. Quando ebbe finito, lo girò nuovamente e afferrò il cranio con una mano inguantata, spostandolo di qua e di là, alla ricerca di qualche segno.

«Avvicinate la torcia!» ordinò.

Fu immediatamente chiaro che quel possente soldato doveva essere un capo, perché tutti si prodigarono senza indugio.

Il fuoco illuminò la fronte dell’uomo nudo.

«Ecco! È uno stregone!» strillò uno.

Un mormorio fece indietreggiare i soldati presenti.

Qualcuno sfoderò la spada con la speranza di difendersi da un imminente sortilegio.

Ci fu silenzio.

 

 

2

«Quando a Irsina si festeggia, si sente odore di carne e brace per le vie dei paesi. Sì, perché i paesi sono due. C’è il paese vecchio che gli abitanti chiamano giù e poi c’è quello nuovo che chiamano su.»

«Vecchio?»

«Guardi la foto. Vede le mura? Il paese vecchio è arroccato su una collina, circondato da alte mura difensive che l’hanno mantenuto intatto nei secoli. Per entrare nel paese vecchio si passa da un’unica porta, dove a fatica riescono ad affiancarsi due macchine. Quel posto non è proprio fatto per la modernità, glielo assicuro.»

L’uomo era sulla trentina, portava lunghi capelli neri che toccavano le spalle e una barba ben curata. Era entrato in un’agenzia in Kensington High Street su consiglio di un amico editore e ci aveva passato due ore, ascoltando la lettura priva di qualsiasi intenzione di un impiegato. Lo aveva lasciato parlare, facendosi guidare attraverso cataloghi e dépliant. Si era lasciato raccontare della bellezza di terre come la Toscana, dove i vigneti ricoprivano intere colline e la gente del posto era molto cordiale con i turisti. Aveva osservato foto di alberghi dai nomi altisonanti, con idromassaggi in camera e viste mozzafiato. Era stato convinto da amici dell’élite culturale inglese, dell’opportunità di scrivere il prossimo romanzo in un luogo esotico, lontano dal grigiore londinese. Quando, però, si era ritrovato faccia a faccia con l’impiegato John, dell’agenzia di viaggi più rinomata, aveva provato un profondo senso di nausea. Aveva sperimentato tutte le possibili sfumature della falsa cortesia del trentenne davanti a sé. Almeno fino alla firma del contratto di viaggio.

James Mc Knight, figlio di un operaio metallurgico di Belfast e di una maestra elementare di Brighton, aveva studiato a Londra grazie a una borsa di studio. Era stato il primo in un concorso letterario nazionale che gli aveva aperto la strada a una promettente carriera. Ora, dopo quattro romanzi e due saggi, con un conto in banca da qualche milione di sterline, James aveva bisogno di ritrovare quella scintilla che lo aveva portato a scrivere il suo primo libro.

Era uscito dall’agenzia di Kensington High Street e aveva camminato per un quarto d’ora seguendo la mappa del suo iPhone. Poi, si era infilato, per curiosità, in una vetrina pacchiana e fuori dai classici giri dei pullman a due piani. Ora era lì ad ascoltare un giovane venditore dall’accento italiano: «Se cerca un luogo poco battuto, credo che questo faccia al caso suo. Mi ha detto che vuole un posto dove poter stare in tranquillità. Questo paese è la meta ideale. Glielo posso assicurare».

«Dove alloggerò per i mesi che saranno necessari? Albergo?»

Il venditore sorrise, poi continuò: «No, no. Non ci siamo capiti! Quello che le sto proponendo, non è una vacanza da comune turista inglese. Io sono in contatto direttamente con la gente del luogo. Non sto vendendo un pacchetto. Sono in grado di farla alloggiare in una casa del paese vecchio da poco ristrutturata secondo gli usi. Si tratta di un monolocale con un piccolo bagno interno. Se quello che cerca è ispirazione… Beh, qui ne può trovare quanta ne vuole. Giusto per farle capire di cosa parlo: la casa che voglio proporle è in una via dove le macchine non riescono a passare, le abitazioni sono di un piano e la densità degli abitanti è pressoché nulla».

«Nulla? Che significa?»

«Vede, nel corso degli anni la gente del paese vecchio è andata via via scomparendo. Chi è emigrato al nord dell’Italia per cercare lavoro, chi si è trasferito nel paese nuovo, più moderno, fuori dalle mura. C’è poi chi è invecchiato ed è morto. Il risultato è che gli abitanti del paese vecchio sono scomparsi, lasciando l’ottanta percento delle abitazioni abbandonate. Questo la porta ad avere l’opportunità di alloggiare, per il tempo che desidera, in una casa in completa solitudine. In quella strada ci abitano solo due anziane signore.»

«E le altre case?».

«Abbandonate. Molte hanno finestre murate e tetti sfondati.»

«Un paese morto.»

Il venditore sorrise con sincerità: «Non proprio. Ultimamente non le nascondo che questo piccolo pezzo d’Italia sia diventato molto interessante per due motivi: dal punto di vista storico e artistico è un luogo ricchissimo, con opere del Mantegna, della scuola di Giotto e crocevia di fatti storici ancora oggi allo studio degli esperti. Qualcuno vocifera del passaggio dei Templari. Dal punto di vista immobiliare invece, alcuni facoltosi inglesi hanno iniziato ad acquistare appartamenti nel paese vecchio e a ristrutturarli».

«Vada avanti.»

«Stiamo parlando di pochissime unità. Le assicuro che si tratta di una zona incontaminata, forse ancora per pochi anni. Ha una vista eccezionale sulla campagna lucana che non può neanche immaginare. Da quella rocca riesce a vedere a chilometri di distanza, circondato solo da terreni coltivati.»

«Mi pare esperto. Ha un accento italiano e ci vedo molta passione in quello che fa.»

«Non a tutti propongo la mia città natale. È difficile trovare gente interessata a questa meta, anche se le assicuro che c’è molta più storia a Irsina, che in molti paesi toscani. Come dire… Irsina è ancora tutta da scoprire.»

James annuì lentamente: «Vedo passione e la cosa mi piace. Come pensa di organizzare il tutto?».

«Essendo un viaggio non convenzionale, capirà che non esiste un vero e proprio tour operator. Tutto è organizzato, diciamo, alla buona.»

«È proprio quello che voglio. Niente di preconfezionato. Nessun giro turistico al museo, con guardie in divisa blu che dormono su una sedia. Nessun pullman scoperto per vedere i monumenti nel traffico cittadino, in sei o sette lingue diverse. Ho bisogno di serenità, silenzio e tante, tante nuove idee.»

Il venditore si ringalluzzì: «Mi fa piacere sentirlo. La nostra agenzia può organizzare il volo, il trasferimento fino al paese e il pernottamento. Avrà un contatto: un mio cugino che si occupa di tutto ciò che riguarda la cultura lì.»

«In che senso?»

«Organizza eventi, si occupa del museo, della Cattedrale… È l’artefice della rinascita culturale del paese.»

James si toccò la barba e si sistemò un ciuffo di capelli, accompagnandoli lungo la tempia: «Interessante. Potrebbe introdurmi alla storia, al background culturale…».

«Certo. Spesso lo fa con i gruppi che riesco a organizzare durante l’anno.»

«Di quanti gruppi parliamo?»

Il venditore sorrise: «Tre, quattro, l’anno».

«Pochissimi.»

«Come le dicevo, si tratta di una meta non convenzionale.»

James si grattò la barba: «E lei vive di questo?».

«Neanche per sogno! Io vivo di viaggi più classici. Se possibile, low cost. Mete tradizionali come Firenze, Venezia, Roma. Di questo vive la mia agenzia. Le interessa per caso qualcos’altro?»

James si alzò dalla sedia, sistemandosi la giacca di panno beige: «Mi ci faccia pensare. Ok?».

«Non esiti a chiamarmi per qualunque informazione. A proposito, io sono Mario Mascolo.»

«Piacere. James Mc Knight.»

Nel sentire quel nome, il venditore sgranò gli occhi e solo allora si rese conto di chi aveva di fronte.

 

 

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