Daesh non sarò la vergine per il tuo paradiso
Vito Briamonte e Vito Briamonte
Kobane, novembre 2014 zona di guerra
Li vedo, sono a un centinaio di passi da noi. ‘I barbuti’ procedono in fila indiana mentre rintanate in un magazzino, li aspettiamo. ‘Venite avanti, le vostre vergini sono qui, vi attendono per festeggiare con voi, venite!’ Continuano a procedere in fila indiana, sei miliziani a sinistra e cinque a destra. Li guardo attraverso le lenti del mio binocolo. Noi siamo solo in sei. E’ ciò che rimane della nostra squadra. Siamo poche, ma le altre sono rimaste uccise in altri combattimenti nei pressi della Fabrics Rooney. Daesh è entrato a Kobane sbaragliando la nostra resistenza. Ha più armi e anche migliori delle nostre. Nonostante ciò, ne uccidiamo a decine, ma quei barbari dalle lunghe barbe escono fuori a centinaia ogni giorno. Sembrano non finire mai. Il grosso delle loro truppe ha invaso la città. Le altre come Palmira, Ninive, Hatra, Nimrud, e i villaggi attorno a Kobane hanno ceduto al peso della guerra che Daesh ha scatenato, ma qui ha incontrato noi. Avanza, ma lo fa a costo di moltissime vittime. Quando vedono noi donne, scappano i vigliacchi!
...Mentre gli uomini del califfato entravano nella di Città di Mosul, reparti dell’YPG e dell’YPJ, quest’ultimo, l’esercito di sole donne, difendevano la cinta curda della zona e dei villaggi attorno a Kobane. I curdi la guerra la facevano per davvero. Non scappavano come i reparti iracheni, non arretravano senza combattere, magari morivano ma combattevano prima. Rimasi impressionata dalla loro capacità di lottare e soffrire. Tutt’altra cosa rispetto ad altri popoli che avevo conosciuto. I reparti femminili poi, partivano, combattevano e tornavano. Poi partivano altre donne guerriere al loro posto. Il giornalista americano venuto con noi e il reporter tedesco avevano dedicato tutto quel tempo a riprendere e a intervistare quelle ragazze che si recavano al fronte. Rimasi affascinata dalla bellezza e dalla naturalezza con la quale combattevano una guerra virulenta, battaglie cruente dalle quali purtroppo molto spesso non tornavano.
...Se qualcuno pensa che i curdi mi hanno messo un AK-47 tra le mani e mandata al fronte, si sbaglia. L’YPJ del quale sono entrata a far parte, è per me un mondo nuovo. Il lavoro che sono venuta a fare in Siria quasi dieci anni fa al seguito della H.R. è di tutt’altra natura. Ne ho viste troppe però. L’ISIS ha sconvolto la mia esistenza per le squallide e scellerate azioni di brutalità e violenza a cui ho dovuto mio malgrado assistere. Crocifissioni, attentati, mutilazioni, scannamenti e decapitazioni. Uomini e donne bruciati vivi, prigionieri annegati in gabbie affondate nell’acqua, donne rapite e violentate. Sembra che gli uomini del califfato, con particolare sadismo scelgano il modo più truce e diabolico per procurare la morte e la sofferenza a prigionieri e civili. L’YPJ è il solo esercito completamente femminile che si occupa esclusivamente della protezione delle donne e della guerra, perché in definitiva di guerra all’ISIS si tratta. Siamo 10.000 volontarie tra i 18 e i 40 anni e abbiamo il controllo della regione del Rojava, una zona a maggioranza curda che fa parte della Siria del nord.